Lo scorso luglio, il popolare servizio di video hosting Vimeo.com ha annunciato un’importante modifica alla sua policy. Nella fattispecie, il concorrente di YouTube ha deciso di non ospitare più le registrazioni di sessioni videoludiche realizzate dagli utenti (in particolare, “video realizzati da individui che mostrano immagini e sequenze di un videogame”). Blake Whitman, Direttore della Comunità del servizio, ha motivato la decisione in questi termini: “Lo staff di Vimeo non ritiene che le riprese dirette di sessioni di gameplay possano essere considerate un esempio di ‘espressione creativa’. In secondo luogo, questi video potrebbero spingere le case editrici che detengono il copyright dei videogiochi a intentare cause legali contro la nostra azienda. Infine, questi video occupano notevole spazio, molto più di ogni altro genere”.
Riassumendo, Whitman ha giustificato la decisione di rimuovere questa tipologia di video sulla base di due principi: violazione del copyright (legata alla presunta natura ‘non-creativa’ di questi artefatti) e alle dimensioni eccessive di questi file. Il divieto di hosting (e dunque di upload) non si applica tuttavia ad un’altra categoria di video, i machinima, che Vimeo considera invece un’espressione creativa a tutti gli effetti.
Questa notizia – apparentemente marginale – mi fornisce lo spunto per sollevare alcune importanti questioni sulla natura profonda dell’attività videoludica. Premesso che la reazione della comunità dei gamers all’annuncio di Vimeo é stata (prevedibilmente) critica – per non dire rabbiosa (al post di Whitman sono seguiti un migliaio di commenti, ma il vero dibattito si é svolto su Kotaku, Slashdot e altri siti) – l’aspetto che trovo particolarmente bizzarro é la tesi di Whitman per cui il gameplay non costituirebbe un’espressione creativa.
Si tratta di un’affermazione fortemente problematica. Il videogioco e' un medium partecipativo, che eleva il fruitore dal ruolo di consumatore a quello di co-creatore dei contenuti. Non solo. Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con il medium videoludico sa che la maggior parte dei prodotti in circolazione prevede una fruizione di natura agonistica e competitiva analoga a quella degli sport. Basterebbe questa osservazione per legittimare un’analogia tra il videogame e lo sport. Se così fosse – e non ho ragione per credere che il gaming non sia un e-sport a tutti gli effetti – la questione della creatività andrebbe interamente ripensata. Whitman sembra presupporre che nel caso dei videogame, il soggetto creativo sia il game designer, laddove l’utente si limita a consumare dei contenuti predisposti a monte. Questa interpretazione, tuttavia, é ingenua, se non errata. Torniamo all’analogia tra il videogame e lo sport. La ragione per cui milioni di persone seguono con religioso fervore la propria squadra di calcio preferita é per assistere alle imprese spettacolari dei fuoriclasse, alle imprese di invidivui talentuosi.
Il che mi spinge a domandarmi: chi é più creativo? Il performer calcistico o l’inventore delle regole del calcio? Nel caso del videogame: chi é più creativo, il game designer oppure l’utente? Dopo tutto, il primo si limita a fornire al secondo le regole e ad allestire il campo da gioco, il contesto di fruizione. Ma é chiaramente il secondo a fare lo spettacolo. Il famigerato raid di Leeroy Jenkins in World of Warcraft rappresenta un esempio paradigmatico di filmato che, pur essendo basato su una sceneggiatura, é stato girato “dal vivo”, senza alcuna post-produzione, usando come ‘set’ il celebre MMO di Blizzard. Per questo motivo, verrebbe bandito da Vimeo.
Nel momento in cui corporation del calibro di Electronic Arts e Sony promuovono attivamente la produzione di filmati videoludici da parte degli utenti (si pensi ai canali YouTube interamente dedicati a Spore e PixelJunk Eden, solo per fare due esempi recenti), l’idea che un mero filmato possa violare il copyright appare quanto meno discutibile. Il che mi spinge a sollevare un’altra domanda: chi possiede veramente il tempo che investiamo nei mondi videoludici?
I videogiocatori – che hanno regolarmente acquistato il gioco e investito ore, giorni, settimane negli spazi virtuali - oppure le software house che hanno creato tali spazi? E per quale motivo un utente violerebbe il copyright nel momento in cui decidesse di riprendere la propria performance per fini di documentazione?. Secondo il Center for Social Media, un gruppo di docenti ed esperti di copyright delle più importanti università statunitensi, la condivisione in rete di una registrazione del gameplay da parte di un utente non rappresenta una violazione del diritto d’autore. In un importante documento guida pubblicato nel giugno 2008, il Center for Social Media ha chiaramente indicato che la riproduzione e presentazione di documenti video che hanno la funzione di preservare, documentare, illustrare un’esperienza o un fenomeno culturale costituisce un servizio di pubblico beneficio e che, come tale, andrebbe difeso.
É questa la funzione svolta da siti non-profit come Internet Archive, che raccoglie – tra le altre cose – decine di migliaia di filmati videoludici generati dagli utenti. Un esempio particolarmente toccante é il messaggio di saluto di un appassionato di The Sims Online, che ha salutato i suoi compagni di gioco poco prima che Electronic Arts chiudesse i battenti del fallimentare MMOG. Per migliaia di persone – tra cui il giocatore britannico che ha registrato il suo struggente addio – The Sims Online e' stato uno spazio di interazione importante – é, o meglio, era, un serbatoio di ricordi.
Documentare le esperienze che hanno luogo nei mondi ludici é fondamentale perché se é vero che i giochi diventano una parte di noi, é altrettanto vero che noi stessi diventiamo una parte dei giochi che abitiamo. Non basta solo raccontare la Storia dei videogiochi, ma le storie dei videogiocatori. E' questo il lavoro che stiamo svolgendo a Stanford, nell'ambito del progetto Preserving Virtual Worlds promosso dalla Library of Congress degli Stati Uniti.
E la memoria storica é un bene collettivo, non proprietà privata.
Come tale, va difesa e conservata, al di la' degli interessi commerciali dei gatekeepers.
Matteo Bittanti
Commenti:
NRGiga scrive:
"L'argomento mi è caro dato che in qualche modo fa parte della mia tesi. In materia di copyright, alla luce degli ultimi titoli, viene spontaneo chiedersi se i contenuti creati siano del giocatore (sempre meno giocatore e sempre più autore) o del programmatore (colui che a priori decide cosa è possibile fare e cosa no e che quindi indirizza ed influenza l'operato del primo).
Da ciò che si vede, sembra configurarsi un doppio livello di "proprietà" (se così la si vuole intendere): il gioco mantiene i loghi della casa sempre ben in vista. Stages, creature e tutto ciò che viene prodotto dal basso mantengono il nome/user_id del creatore (è così per i Mii di Nintendo o per le crature che popolano la Sporepedia). Ovviamente, in questo ultimo caso, il guadagno che si ricava dall'essere investito del titolo di autore non è di natura economia ma è rappresentato dal "prestigio" dell'esserci (che magari basta anche a chi è parte delle comunità videoludiche). Per le considerazioni più profonde mi sento di rimandare agli scritti di Lasica e Benkler.
Circa il "video-testimonianza", non saprei dire se il "giocare" possa intendersi come una forma d'arte. E' indubbio che sia una chiara manifestazione dell'essere (che lo si voglia intendere come giocatore o essere umano) e di una intelligenza che si palesa giocando, nel modo del tutto personale in cui si superano i vari ostacoli. Mi viene da pensare alle discussioni che facevo con gli amici sul modo più efficace di collezionare le "99 vite" in SMB3.
Anni dopo, l'interazione faccia a faccia ha lasciato il posto ai file txt di Gamefaqs ed a Youtube in cui giocatori "esperti" caricano esaustivi footage dei propri match mostrando il risultato del tempo speso giocando: destrezza, bravura, intelligenza o semplicemente come superare il boss imbattibile o come ottenere la fatidica arma finale. Persino gli emulatori che girano sui computer sembrano prediligere il video testimonianza: molti hanno un plugin che permette senza sforzo di ottenere un file video che, con discrezione, registra ogni impronta che il nostro avatar lascia del suo passaggio nel mondo digitale. Che poi quell'avatar racconti molto di chi gioca è cosa nota." (NRGiga, 11 agosto 2008)
Anche sul concetto di "memoria ludica" sarebbe necessario fare un distinguo tra i titoli che concedono un ampio margine di espressione e di variabili (es. titoli gestionali, MMOG) e quelli molto meno liberi. Nel secondo caso, resta comunque importante documentare l'esperienza ludica su filmato a livello di consultazione temporale, uno dei limiti del medium videoludico rispetto a cinema o letteratura.
Scritto da: Mario Morandi | 11/08/08 a 04:22
L'argomento mi è caro dato che in qualche modo fa parte della mia tesi.
In materia di copyright, alla luce degli ultimi titoli, viene spontaneo chiedersi se i contenuti creati siano del giocatore (sempre meno giocatore e sempre più autore) o del programmatore (colui che a priori decide cosa è possibile fare e cosa no e che quindi indirizza ed influenza l'operato del primo). Da ciò che si vede, sembra configurarsi un doppio livello di "proprietà" (se così la si vuole intendere): il gioco mantiene i loghi della casa sempre ben in vista. Stages, creature e tutto ciò che viene prodotto dal basso mantengono il nome/user_id del creatore (è così per i Mii di Nintendo o per le crature che popolano la Sporepedia). Ovviamente, in questo ultimo caso, il guadagno che si ricava dall'essere investito del titolo di autore non è di natura economia ma è rappresentato dal "prestigio" dell'esserci (che magari basta anche a chi è parte delle comunità videoludiche). Per le considerazioni più profonde mi sento di rimandare agli scritti di Lasica e Benkler.
Circa il "video-testimonianza", non saprei dire se il "giocare" possa intendersi come una forma d'arte. E' indubbio che sia una chiara manifestazione dell'essere (che lo si voglia intendere come giocatore o essere umano) e di una intelligenza che si palesa giocando, nel modo del tutto personale in cui si superano i vari ostacoli.
Mi viene da pensare alle discussioni che facevo con gli amici sul modo più efficace di collezionare le "99 vite" in SMB3. Anni dopo, l'interazione faccia a faccia ha lasciato il posto ai file txt di Gamefaqs ed a Youtube in cui giocatori "esperti" caricano esaustivi footage dei propri match mostrando il risultato del tempo speso giocando: destrezza, bravura, intelligenza o semplicemente come superare il boss imbattibile o come ottenere la fatidica arma finale. Persino gli emulatori che girano sui computer sembrano prediligere il video testimonianza: molti hanno un plugin che permette senza sforzo di ottenere un file video che, con discrezione, registra ogni impronta che il nostro avatar lascia del suo passaggio nel mondo digitale. Che poi quell'avatar racconti molto di chi gioca è cosa nota.
Scritto da: nrgiga | 11/08/08 a 14:52